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Miti e Leggende

Nella costa sud orientale della Sardegna c’è una spiaggia chiamata Santa Giusta e uno scoglio conosciuto come lo scoglio di Peppino. Sul battesimo di quella scogliera esistevano storie e leggende d’ogni sorta, perché nulla o quasi si sapeva con certezza.
Finché un giorno, nei villaggi intorno all’arenile, arrivò una donna, Sinispella, con un grande libro che trasportava appeso alle spalle come uno zaino. Ebbene, lei diceva di conoscere la vera storia dello scoglio e di Peppino.
Dopo aver invitato la popolazione a sedersi in cerchio sulla spiaggia antistante alla roccia, mentre il sole tramontava, iniziò il racconto:
“C’era una volta un pescatore, Peppino, che viveva in un villaggio vicino alla spiaggia di Santa Giusta, ma da circa dieci anni, nei mesi caldi, si trasferiva nella capanna che aveva costruito di fronte allo scoglio, sul quale si recava per la pesca. Abitava lì da solo.
Aveva trascorso la sua vita alla ricerca di qualcosa che colmasse quel senso di vuoto interiore che lo tormentava da tempo, ma non vi era ancora riuscito. Orfano di padre e madre da quando era bambino, si era presa cura di lui la nonna materna, di cui serbava un dolce ricordo per l’amore ricevuto e la passione che gli aveva trasmesso per le storie e la poesia. La nonna era stata una cantadora, una poetessa.

“Le gianas sono piccole donne di rara bellezza che mentre di giorno … “

Peppino amava addormentarsi con lo sciabordio del mare e svegliarsi alle prime luci dell’alba per la pesca con su palamìttu, la palamita e sa frùcina, la fiocina. Gli piaceva quel silenzio, quel senso di pace che metteva parzialmente a tacere le sue inquietudini.
La sera, prima di coricarsi, ritornava con la mente ai racconti della nonna. Tra questi ve n’era uno che lo emozionava ancora. Era la storia del sole e della luna, del loro amore, e di quei fugaci incontri che, gli spiegava la nonna, facevano nascere i fiori e risplendere le stelle. “Il sole e la luna”, gli diceva ancora, “sono gli amanti più felici del mondo: “C’è un’istante in cui la luna e il sole si sfiorano, ed è magia, fiori di luce nella notte…”.
Una notte mentre dormiva sentì sussurrare più volte al suo orecchio il suo nome, ”Peppino, Peppino, Peppino”, per tre volte e poi silenzio. Si ricordò che da bambino la nonna gli parlava spesso delle Gianas, le fatine sarde che: “Di tanto in tanto nelle notti buie si avvicinano all’orecchio della persona che hanno scelto per qualcosa di speciale e pronunciano per tre volte il loro nome”. Sorrise tra sé. Con quel ricordo si riaddormentò. L’indomani si svegliò con un insolito senso di gioia. Si recò allo scoglio come tutti i giorni però questa volta si addormentò. Quando si svegliò il sole era tramontato da un pezzo, si guardò intorno e vide delle piccole donne con delle vesti rosse che danzavano in cerchio sullo lo scoglio: le Gianas.
Le gianas sono piccole donne di rara bellezza che mentre di giorno raccolgono i raggi del sole per intessere le loro zattere, di notte danzano, ricamando sciami di stelle sui flutti.
Una di loro gli si avvicinò, lo prese per mano e lo condusse a loro per la danza in cerchio, su ballu tundu. Lui si lasciò trasportare dal movimento e dall’euforia, vi si abbandonò completamente. Poi lo accompagnarono su una delle loro zattere e s’incamminarono sul mare, per poi fermarsi sotto il riflesso della luna. Ispirato dal dondolio dei flutti stellati, iniziò a suonare le launeddas. Le Gianas gli si unirono intonando a quel suono i passi di danza e lasciando ancora sul mare i propri ricami stellati. Finché non si videro più.
Rimase solo. Sentì il suo cuore battere forte, mentre il profumo del mare diventava sempre più intenso, poi scorse una donna, capelli lunghi e ondulati, remava in piedi su una piccola zattera. S’incrociarono sotto un raggio lunare, si presero per mano e raggiunsero lo scoglio. Trascorsero lì l’intera notte. E fu così per sempre.

Col tempo la scogliera assunse la forma di un grande cetaceo quasi a simboleggiare la forza di quell’amore nato tra i flutti. E la sua inquietudine era volata via. La gente di quei luoghi notò una nuova luce sul suo sguardo e capì che era accaduto qualcosa di speciale laggiù. Fu così che la roccia prese il suo nome.
Le Gianas di Santa Giusta trascorrono ancora oggi le loro giornate a raccogliere raggi di sole e intessere zattere di luce, per poi danzare la notte, ricamando sciami di stelle, ponti e sentieri.
Si dice che chi si reca sulla spiaggia di Santa Giusta durante le notti di luna piena, possa ancora scorgere le Gianas sullo scoglio mentre danzano su ballu tundu. Un privilegio riservato però soltanto a chi custodisce un sogno…”

La scogliera di Santa Giusta assunse quel nome con molta probabilità perché il proprietario del terreno che si trovava dietro allo scoglio e su cui poi sorse il villaggio Santa Giusta si chiamava Giuseppe. La gente era solita dire: “Andiamo al mare acanta a Peppinu…”. Ed è così che col tempo Peppinu divenne il suo nome.